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Benedictus a 2 voci

Padre Maurizio Malvestiti

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Fortunato Antonio Malvestiti nacque a Verolanuova, un paesotto della bassa, nel 1778 per trasferirsi con la famiglia a Brescia in rua Confettora, nel popoloso quartiere di san Faustino. Ricevette la propria educazione religiosa a Ferrara prendendo il nome di Padre Maurizio. Ritenuto un vero portento in tutte le discipline del sapere, viene mandato a Roma dove viene nominato lettore di filosofia e docente di teologia. La capacità intellettuale in Padre Maurizio, la rapidità della carriera, il bruciare via le tappe della formazione, cadenzate da anni di studio lo resero un religioso e un uomo straordinario agli occhi di tutti.

Il principe Luciano Bonaparte, personaggio di alto intelletto, da poco trasferito a Roma a seguito dei burrascosi rapporti con il fratello Napoleone, si era recato alle catacombe di San Sebastiano per approfondire i suoi studi archeologici. Fu così che una mattina dell’autunno del 1806, s’incontrarono per la prima volta due eclettici personaggi destinati a passare insieme il resto della loro vita; padre Maurizio aveva 28 anni, Luciano 31. Affascinato dalla profonda preparazione e umanità del francescano, il Bonaparte si rivolse così all’ordine dei Francescani per chiedere che padre Maurizio divenisse il precettore dei suoi figli, ma l’ordine oppose un cortese seppur deciso rifiuto, poiché non era nella regola monastica che un sacerdote vivesse fuori dal convento. Assolutamente deciso a ottenere la collaborazione del frate, Luciano si rivolse allora a Papa Pio VII, che assecondò il desiderio del senatore francese, devoto cattolico (e relatore della legge che aveva portato al concordato tra Chiesa e Francia). Padre Maurizio forzatamente e per obbedienza al Pontefice entrò nella famiglia di Luciano Bonaparte; finì per seguirne tutti gli spostamenti fino a diventare un vero e proprio membro della famiglia, il più stretto ed intimo amico del futuro Principe. Quando la pressione e le minacce di Napoleone diventarono insostenibili e Luciano decise di lasciare l’Europa, per un principio di fedeltà alla chiamata di Pio VII e di servizio ai suoi alunni, padre Maurizio decise di partire con lui e la sua famiglia per gli Stati Uniti d’America. In quell’occasione il Papa gli affida delle lettere relative alla nomina di alcuni Vescovi per le Diocesi d’America. Nell’agosto 1810 Luciano imbarca tutta la famiglia, e padre Maurizio è con loro, sul brigantino “Hercules” fornito dal cognato: il re di Napoli Murat insieme ad un vascello di scorta, ma il blocco navale costituito dalla marina inglese ferma il convoglio al largo di Cagliari. Fa prigionieri tutti i passeggeri e li trasferisce nel più sicuro porto di Malta in attesa delle decisioni del governo di Londra. Nel dicembre 1810 Luciano, la sua famiglia ed accompagnatori compreso padre Maurizio (in tutto erano 40 i passeggeri imbarcati a Civitavecchia), vengono nuovamente fatti partire, a bordo della fregata “Le President” per l’Inghilterra. In quegli anni di prigionia trascorsi nella cittadina di Ludlow e poi nella villa di Thorngrove che estese le sue già vaste cognizioni nelle Scienze naturali, nell’astronomia (qui conobbe l’astronomo e musicista Wilhelm Herschel: scopritore del pianeta Urano), nella Poesia, nelle Lingue Orientali; si immerse nella filosofia e nella musica tanto che, autodidatta, ritornato a Roma, sarà acclamato “Maestro d’organo”. Dopo la disastrosa campagna di Russia, le sconfitte ed il confinamento all’isola d’Elba di Napoleone, per la mediazione del Papa Pio VII il principe Luciano la sua famiglia e padre Maurizio riacquistarono la libertà di tornare in Italia. Il 26 febbraio 1815 Napoleone riusciva a fuggire dall’isola d’Elba e Luciano decise di raggiungere il fratello in Francia: padre Maurizio accettò di accompagnarlo e poiché Luciano non aveva passaporto, si finse segretario di Padre Maurizio. Passarono per la Svizzera. Giunti a Charenton, i due si fermarono alcuni giorni. Fu qui che padre Maurizio, ebbe una delle più indimenticabili sorprese della sua vita: gli fu annunciato che l’imperatore Napoleone voleva vederlo. Dopo l'incontro con Napoleone, padre Maurizio e Luciano andarono a Bellevue, sul lago di Ginevra, i due si separarono. Luciano raggiunse Parigi dove si riconciliò con Napoleone che gli diede il cordone della Legion d’Onore e lo nominò principe imperiale, mentre padre Maurizio lasciava la Francia per raggiungere Roma. Il due si rividero nel giugno 1840 quando, accompagnato dalla moglie, dalla figlia Costanza in procinto di prendere i voti, Luciano decise di trasferirsi a Siena per sfuggire all’afosa calura di Canino; ma non riuscì a sopportare i disagi del viaggio e fu costretto a fermarsi, febbricitante e sfinito, presso la sua abitazione di Viterbo. La notte tra il 29 e il 30 giugno 1840, per l’aggravarsi della malattia Luciano si spense. La morte di Luciano fu un immenso dolore anche per padre Maurizio. Verso la fine del 1846 Padre Maurizio rientra a Brescia nel convento di San Giuseppe. Nel settembre del 1847 viene nominato Provinciale della provincia veneta di Sant’Antonio con la responsabilità dei conventi francescani di Milano, Venezia, Verona, Feltre, La Motta (Schio), Gemona e Barbarano sul Garda. E’ probabile che a questo periodo la stesura del Benedictus, quando padre Maurizio è provinciale dei Minori Osservanti e la chiesa di San Francesco della Vigna è tra i luoghi più visitati dal francescano. Il 2 aprile 1849 Padre Maurizio scrive alla principessa Carlotta Bonaparte: si tratta dell’epilogo delle dieci giornate di Brescia, iniziate il 23 marzo 1849, quando la pretesa del pagamento di una multa che venne imposta dal maresciallo Haynau per via del comportamento poco collaborativo dei bresciani, fece scattare nel popolo la scintilla della rivolta. Venne eletto un comitato con a capo Luigi Contratti e Carlo Cassola, che indussero Brescia alla ribellione, lo stesso giorno in cui l’esercito piemontese veniva sconfitto a Novara. Le dieci giornate furono fatte di aspri combattimenti, tra notizie fittizie, che davano l’esercito austriaco in fuga nell’intera Lombardia e l’esercito piemontese che, eludendo gli austriaci, era passato oltre le loro linee avanzando per l’intera Lombardia: Rinforzi che erano a poche ore dalla città, carichi di armi in arrivo destinate ai ribelli. Haynau arriva a Brescia da Padova e, grazie ad una fitta nebbia, riesce a penetrare nel castello con un battaglione. Assunto il comando, Haynau intima la resa incondizionata alla città. I Bresciani per tutta risposta lo sfidano al grido di: "guerra ad oltranza". Ripresero ancora una volta i bombardamenti e gli attacchi alle porte della città.Intanto, quella stessa notte, i membri del Consiglio Comunale erano oppressi da un terribile dubbio: si trattava di decidere se attendere i rinforzi da Bergamo o arrendersi. La città era devastata dagli incendi, 47 consiglieri su 50 votarono la resa immediata. Purtroppo si ripeté la divulgazione di una falsa notizia e cioè che il Broletto era occupato e si tornò a combattere. Il primo aprile, ultimo giorno del disastro, la città era ormai stremata, con le truppe dei generali austriaci alle porte. Sopraggiungevano intanto rinforzi austriaci che riuscirono a soffocare la rivolta combattendo casa per casa. Nella città si alternavano bandiere bianche di resa a quelle rosse di guerra ad oltranza. Per intercedere nei confronti di Haynau, invocandogli pietà per la città ribelle, i superstiti del Consiglio Comunale mandarono a chiamare Padre Maurizio che ebbe un ruolo determinante nelle trattative a favore della città. Accompagnato da padre Ilario da Milano, assieme al cappellaio Pietro Marchesini, che reggeva una grande bandiera bianca, padre Maurizio riuscì a raggiungere il castello, placare il maresciallo Haynau ed evitare ulteriori distruzioni per la città e per il popolo. Il 7 aprile 1849 la municipalità di Brescia incaricò Padre Maurizio di recarsi in delegazione a Milano, insieme a Clemente Di Rosa e Bartolomeo Federici, dal feld maresciallo Radetzky e presentare una petizione per ottenere una diminuzione della multa imposta alla città di Brescia a seguito degli eventi causati dai giorni dell’insurrezione. Padre Maurizio, malgrado l’importanza che assumeva in simili circostanze, manteneva la stima di tutti per l’umiltà con la quale continuava la sua vita conventuale e di studioso. La missione riuscì in parte, graziando molti comuni della provincia e diminuendo sensibilmente la multa da pagare. Luigi Napoleone Bonaparte (figlio del caro , già Presidente di Francia , nel 1852 venne eletto Imperatore con il nome di Napoleone III. Nel 1856 in qualità di Commissario di Terra Santa per il Lombardo Veneto, Padre Maurizio, dopo essere stato a Roma, dove ebbe una cordiale udienza con Papa Pio IX, imbarcatosi a Civitavecchia si recò a Parigi per ottenere da Napoleone III la protezione dei luoghi santi, posti sotto la custodia dei Francescani. Erano anni che padre Maurizio e l’Imperatore non si rivedevano, quante volte da giovinetto era stato a Canino con i cugini e quante volte con essi, ebbe quale precettore Padre Maurizio. Sta di fatto che dopo quell’incontro oltre alla protezione dei luoghi sacri, padre Maurizio ottenne da Napoleone III anche la concessione imperiale di aprire a Parigi un commissariato per raccogliere offerte da inviare alla custodia di Gerusalemme.

Nel luglio del 1858, a seguito di un incontro svoltosi nella cittadina di Plombières l'Imperatore si accordò con il Primo Ministro piemontese Camillo Benso Conte di Cavour: in caso di attacco dell'Impero austriaco al Piemonte, la Francia sarebbe entrata in guerra a fianco di Vittorio Emanuele II. Il conflitto inizio nell’aprile del 1859. Nel giugno dello stesso anno, padre Maurizio, fu instancabile nell’assistenza ai feriti della battaglia di Solferino e San Martino, tant’è che trasformò convento e chiesa di San Giuseppe in un affollato ospedale militare ricevendo ancora una volta le lodi delle autorità cittadine.
Nello stesso periodo, Napoleone III, giunto a Brescia, a seguito del suo esercito, lo volle accanto a sé, nella residenza di palazzo Fenaroli. A quell’epoca padre Maurizio aveva 81 anni. Gli ultimi anni furono da lui spesi nel tentativo di salvare i conventi francescani dalla soppressione decretata dal Governo italiano riuscendo a salvare il convento di S. Angelo di Milano. Nel frattempo lo coglieva, il 25 marzo 1865, la morte.
Venne sepolto nel Cimitero di Brescia sotto la piramide che ha al centro la statua di don G. Rossini detto il "beàt curda".

Anche se dimenticato di proposito dall’anticlericalismo del tempo, nel 1877 le autorità non poterono esimersi di dedicargli sulla salita di S. Urbano una lapide con l’iscrizione: "Il 10 aprile 1849 / per questa via coperta di cadaveri / fra l’imperversare della disperazione I padre Maurizio Malvestiti / venne al nemico sitibondo di truci vendette / il venerando aspetto la mite parola / poterono sugli efferati animi ".
Nel 1882 "Il Frustino" di Brescia, contrapponendo la figura di p. Maurizio a quella di Arnaldo da Brescia, dava il via ad una sottoscrizione per erigere un monumento al religioso francescano.Il 19 aprile 1899 per iniziativa delle Società Operaie Cattoliche bresciane venne eretto su progetto dell’ing. Tagliaferri sulle pendici del Castello di Brescia, un monumento, con busto in bronzo opera di Francesco Pezzoli (1860-1905).

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