Pain Changes
Silvia Pepe, soprano
Gabriele Zanetti, guitar
https://open.spotify.com/album/4ppxEyn66AbJBAXrTOsAlI?si=MHY37SJRQD2nIgsQTeVESA
“Poeta è colui che, nella sua opera, apre uno spazio che non è più vita, né è più morte, ma una nuova terza via“. Così afferma Marina Cvetaeva, ragionando sul luogo in cui si collocano i poeti, primo fra tutti, per lei, Rainer Maria Rilke. E se la musica scende a supportare (o sopportare) le parole, allora la terza via è quasi visibile, quasi concretamente afferrabile. E Strindberg, alludendovi indirettamente ed esprimendo la propria insanabile inquietudine da veggente, nomina la poesia come una realtà che supera magnificamente la contingenza. Questa idea costituisce la premessa per i testi delle musiche che compongono Pain Changes, un’immersione nelle pieghe possibili del dolore e di alcune delle sue mutevoli espressioni.
Cominciare con Death speaks e far ripetere, come un mantra, alla morte stessa, „tornerai alla polvere...“, è una sorta di invito a vederne l’abbraccio, a considerare la
dolcezza dell’abbandono della vita come luogo dell’affetto ritrovato, della pace, sulla scorta dei lieder di Franz Schubert e come apertura ai modi diversi in cui può declinarsi il lutto: dall’abbandono a braccia che accolgono, al bacio di angeli che possono condurre, con raffinata sensibilità, in un mondo di „pure note d’amore“.
Si accostano, in armonia e dissonanza insieme, ai testi di
David Lang quelli di Gabriela Mistral, poeta della ternura, della tenerezza, che intitola al dolore esperienze umane con la forza strenua della cuenta mundo, capace di trovare i sentieri dell’anima nell’assenza,lo strano paese, più leggero di un angelo, senza nome e senza luogo, ma patria in cui vivere e morire. È straniera e “respira con il soffio del deserto”, spinta da ogni vento, attirata da tutte le strade, ansiosa e staccata, obliosa e fedele, favolista del mondo e perciò credente più nelle sue favole che nella realtà. L’amore per la terra e gli esili chele offre, accanto alla meditazione sulla morte, sono i due temi dominanti e il luogo del riposo non è la casa, ma un frammento di natura, un fiore, il mais, un albero, un fiume…Non vale alla stessa stregua l’idea di natura che è sottesa alle poesie di August Strindberg: la valenza simbolica di fuochi e rose “con quattro spighe in croce” è distruttiva, brucia la fede e lascia soltanto, paradossalmente, la morte, come illusione e abbandono alla vana speranza. Semele, la figlia di Cadmo e Armonia che si innamora di Zeus e, spinta dall’istigazione perfida di Giunone gelosa, chiede di poterlo vedere nelle sue sembianze divine, muore folgorata dal fulmine di Giove, perchè nessun mortale può vedere il divino. Il dolore qui affonda le sue radici nel desiderio e se ne fa martire, comenelle immagini della morte del poeta suggerite da Rainer Maria Rilke: la distanza che separa dalla quotidianità è impressa sul volto del poeta che accoglie gli elementi naturali, diventa prato e acque, in ogni cosa uno e indiviso, poiché “ha recitato qualche istante la vita non pensando all’applauso”. Si tratta di quella libertà di essere e di agire,nella consapevolezza della morte, che offre un riscatto a tutte le cose, quelle dello spirito e quelle della dolorosa realtà.Anche la fanciulla “fiore di Bànaba”, cresciuta in quell’angolo di Micronesia che si distingue da ogni altra parte di mondo, arde di desiderio e sa che di desiderio si muore,come la tortora che ha atteso tutta la notte nella foresta. Il conflitto insanabile tra Eros e Thanatos, la pulsione alla vita, all’autorealizzazione, e quella distruttiva, presente sempre come coscienza della morte, non trova soluzioni. Il dolore si ripresenta, nella forma del primordiale istinto di morte e la lotta che intraprende con il principio del piacere, lotta senza vinti né vincitori, priva di ogni tregua, disegna la varietà, la complessità e la bellezza dei fenomeni della vita.
Nella Roveri